Niente velo sul lavoro Musulmana denuncia la Disney

La compagnia: le abbiamo proposto un posto
lontano dai clienti

LOS ANGELES
Mandata a casa senza paga perchè si rifiutava di togliersi il velo a lavoro. E' successo a una donna musulmana che lavora come direttrice di sala allo Storytellers Cafè, un locale californiano di proprietà della Disney. Imane Boudlal, questo il suo nome, ha presentato una querela alla Commissione statunitense per le pari opportunità contro colosso dell'intrattenimento per discriminazione. A riportare la notizia è il "Los Angeles Times"

Imane è stata assunta dal locale due anni e mezzo fa, ma solo domenica, in occasione dell'inizio del Ramadan, ha provato per la prima volta a indossare l' hijab durante il suo turno. Il suo capo ha reagito chiedendole di toglierselo o, in alternativa, di svolgere un compito che non richiedesse il contatto diretto con i clienti.

Mercoledì, subito dopo aver sporto denuncia, la giovane musulmana, scortata questa volta da fotografi e giornalisti, ha provato per la quarta volta ad andare a lavoro col il velo e per l'ennesima volta le è stato impedito di svolgere il suo impiego. Questa volta, però, ad attendere Imane all'uscita del locale c'erano diverse persone, riunite per esprimere la prorpia solidarietà.

«Mi hanno mandato a casa» ha dichiarato alla stampa la cameriera «penso comunque che oggi sia il mio giorno fortunato perchè ci sono qui i miei amici e molte altre persone che mi appoggiano».

Suzy Brown, portavoce della Disney, ha negato che alla donna sia stata negata l'opportunità di lavorare: «Come negli ultimi giorni, anche questa le abbiamo proposto un posto lontano dai clienti». La ragazza musulmana, con indosso il suo gilet da lavoro arancione e verde , una maglia a maniche lunghe e il velo bianco in testa, ha replicato decisa: «Non voglio starmene nascosta».

Imane, cittadina americana emigrata dal Marocco, ha poi raccontato che già a giugno aveva chiesto il permesso per indossare il velo, ma le era stato risposto che la richiesta doveva essere approvata dalla compagnia. Per mesi il suo capo ha rimandato la questione, dicendole che ai piani alti stavano ancora considerando il caso.

La situazione si è smossa la settimana scorsa, quando è arrivato il rifiuto ufficiale: non si possono infrangere le regole sulle divise da lavoro. Per risolvere la situazione le sono state proposte delle solusizioni alternative, come quella di indossare un cappello. La brown ha spiegato: «Ogni tipo di lavoro ha la sua divisa. E poi ci sono molti impiegati che indossano indumenti religiosi "dietro le quinte", quindi non ha alcun motivo di reclamare». La portavoce ha concluso, però, dicendo che comunque si stavano impegnando per venire incontro alle richieste della dipendente.

Durante una conferenza stampa convocata all'angolo della strada di fronte al ristorante, l'avvocato della donna, Ameena Qazi, ha lanciato alla multinazionale un messaggio: «Il mio consiglio per la Disaney è: fatevi un giro su una delle vostre giostre chiamata "It's a small world" che celebra la diversità umana. Imane sta solo celebrando la stessa diversità»

fonte:lastampa.it